Cosa aspettarsi dal #DuemilaCredici
| 14 Gennaio 2013

Intervista a P. Luciano Larivera SJ, giornalista de La Civiltà Cattolica, di @MaurizioDebanne, Ufficio Comunicazione MAGIS.
Sul web il nuovo anno è già stato ribattezzato #DuemilaCredici. Davanti a noi abbiamo finalmente un anno di crescita?
Si stimano molte più nascite che nel 2012. Questo è un buon segno di crescita.
In futuro bisognerà anche dare un lavoro a questi bambini…
Concentriamoci sul presente. In Europa c’è maggiore serietà, c’è lo scudo anti spread, la BCE è attiva; tutte condizioni necessarie per rendere la crescita possibile. A febbraio sarà poi varato il nuovo budget europeo di circa mille miliardi finalizzati al cofinanziamento di grandi progetti infrastrutturali. I segni sull’occupazione, se ci saranno, li vedremo però solo nel 2014.
Rispetto a due anni fa siamo messi meglio?
Gli investimenti hanno cicli lunghi, se però si fanno, puoi avere speranza. Ultimamente le borse stanno inoltre andando bene. Adesso siamo in una fase in cui si accetta di investire in attività rischiose perché ci sono aspettative.
Questa si chiama speculazione al rialzo.
Quelli che hanno comprato i titoli del debito pubblico italiano o greco a basso prezzo nel novembre 2011, oggi hanno guadagnato il 20-30%. Non c’è nessun titolo che ha reso così. Oggi lo spread è sceso, i volumi delle esportazioni dei paesi in crisi stanno aumentando e le banche si stanno rifinanziando molto di più sul mercato locale che su quelli finanziari.
Ma non erano gli istituti di credito ad essere il grande malato della UE?
Esatto. Hanno scarsa redditività e molta paura. Molte banche italiane hanno accumulato 110 miliardi di crediti ormai inesigibili. Devono, dunque, accantonare dei profitti per coprire queste perdite. Detto questo, sono convinto che ci sia molta confusione sul ruolo delle banche.
Proviamo a fare chiarezza.
È la Banca il principale produttore di moneta, in particolare come mezzo di pagamento. Faccio un esempio. Se deposito in banca 1000 euro, la banca 900 li presta ad un’impresa. Io però posso staccare assegni per 1000. La capacità di spesa globale è dunque 1900. Quello che fa la banca è dunque prestare più soldi di quanto riceve in deposito, moltiplicando così il credito. Su tutti, basta questo dato: la banca intermedia in Europa continentale il 70 per cento dei prestiti alle imprese.
Come sono andate in crisi le banche?
In primo luogo le autorità preposte non sono state lungimiranti. E poi le banche, soprattutto anglosassoni, non sono state prudenti. Erano convinte che qualsiasi cosa sarebbe potuta succedere, loro sarebbero state salvate. Si sono eccessivamente indebitate, favorendo l’indebitamento eccessivo tutti gli altri. Hanno assunto rischi di cui nessuno conosceva l’impatto nel caso di un grande fallimento bancario o di una recessione mondiale. Anche in questo caso provo a fare un esempio. Io mi prendo l’influenza, ma non mi curo perché so che prima o poi mi passa. Il mio rischio contagia però anche i miei vicini a cui trasmetto l’influenza. E se il mio vicino è cardiopatico, l’influenza può diventare mortale.
Le banche sono state salvate dalle banche centrali, come la BCE, e dagli stati. Ma la malattia resta. Il peggior rischio per una banca è quello di non fare profitti. Se una banca non fa utili, fallisce perché non paga i suoi debiti.
Passiamo dalla finanza alla politica estera. La prima domanda non può che essere sulla Siria. Che succede?
Non escludo alcun scenario.
Il destino di Bashar al-Assad è comunque segnato?
Dal punto di vista militare i ribelli non sembrano in grado di sconfiggere Assad, ma allo stesso tempo il presidente siriano non è nelle condizioni di sferrare una controffensiva. Questo tipo di stallo è un problema comune a molti conflitti. E quando gli scontri durano a lungo è molto più difficile gestire la fase post conflitto, anche perché si struttura col tempo un’economia di guerra. In più in Siria, realtà molto plurietnica, gli interlocutori sono molteplici e mediare con tutti non è affatto semplice.
A proposito di negoziati impossibili. Cosa dobbiamo aspettarci dal conflitto con la C maiuscola tra Israele e Palestina.
Probabilmente Benjamin Netanyahu verrà riconfermato premier nelle prossime elezioni del 22 gennaio. Ma l’attenzione va riposta su Obama: avrà la forza di rilanciare il dialogo? Se riuscirà a mettere la parola fine a questo conflitto, si sarà meritato il premio Nobel per la pace che ha già ricevuto.
Si vota presto anche in Italia. Non ti chiediamo un pronostico, solo se, secondo te, dopo Riccardi ci sarà ancora un Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’integrazione?
Vale la pena confermarlo solo se il prossimo Parlamento farà una legge in materia e se si decide di investirci sopra.
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